In questo articolo vorrei accompagnarvi a conoscere meglio una forma di disagio molto diffusa al giorno d’oggi, che si è accentuata soprattutto in questi anni di pandemia: sto parlando dell’ansia.
Innanzitutto è importante sapere di cosa si tratta, perché conoscerla permette di averne meno timore e di padroneggiarla meglio. Quindi, per prima cosa, poniamoci una domanda…
Indice
Che cos’è l’ansia?
L’ansia di per sé non è un limite o un disturbo. E’ infatti una condizione fisiologica di attivazione dell’organismo di fronte ad una situazione percepita come pericolosa. Costituisce quindi un’importante risorsa per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni.
Tuttavia, quando l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, può interferire notevolmente con la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.
L’ansia è infatti un fenomeno che ci coinvolge (e, a volte, ci travolge!) a 360 gradi perché comprende processi fisiologici, cognitivi e comportamentali.
Come si manifesta?
- Dal punto di vista cognitivo i sintomi tipici dell’ansia sono il senso di vuoto mentale, un senso crescente di allarme e di pericolo, immagini, ricordi e pensieri negativi.
- Dal punto di vista comportamentale, l’ansia è caratterizzata dal tentativo di evitare le situazioni che suscitano reazioni fisiologiche sgradevoli e pensieri negativi. Purtroppo però, in questo modo si innesca un pericoloso circolo vizioso: evitando ciò che temiamo, tendiamo a rafforzare l’idea che il pericolo sia reale.
- L’aspetto fisiologico dell’ansia lo sperimentiamo sottoforma di sensazioni corporee. Esse dipendono dal fatto che, ipotizzando di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l’organismo in ansia ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, garantendosi la sopravvivenza.
- Tachicardia: quando emerge uno stato ansioso molto intenso, il corpo produce adrenalina che causa un aumento del battito cardiaco
- Sensazione di mancanza di respiro o “nodo in gola”: deriva dalla protratta e ripetuta respirazione toracica (veloce e poco profonda), che il nostro corpo attiva in condizioni di stress.
- Dolore toracico: può derivare dalla respirazione toracica, che sollecita i muscoli intercostali affaticandoli
- Tensione: dovuta alla contrazione dei muscoli, indotta dal nostro corpo durante lo stato ansioso
- Tremore: movimenti involontari, causati dalla contrazione rapida e alternata di muscoli opposti.
- Sudorazione: aiuta a controllare la temperatura corporea, che si innalza durante gli stati ansiosi
- Nausea o mal di stomaco: durante gli stati ansiosi, le regolari contrazioni dello stomaco, così come le funzioni dell’alimentazione e della digestione, si bloccano e possono causare crampi e dolori allo stomaco, oppure un senso di nausea.
- Senso di confusione o mal di testa: causato dalla tensione che si genera nel nostro corpo e dal blocco dei pensieri, che durante lo stato ansioso sono focalizzati sul pericolo (o presunto tale) e fanno fatica a dirigersi altrove.
I sintomi fisici dell’ansia spesso generano la “paura della paura”. Questo è proprio il nocciolo dell’esperienza ansiosa: l’ansia è anticipatoria, implica l’immaginare un dolore futuro.
Come controllarla? Tecniche di respirazione e di controllo del pensiero
Come avete potuto notare, tanti dei sintomi fisiologici legati all’ansia derivano proprio dall’alterazione del respiro che, accelerando e facendosi più superficiale, genera altri sintomi, da cui poi scaturiscono pensieri catastrofici relativi alla salute fisica o a possibili scenari futuri.
Se ci pensiamo, questa è una buona notizia perché il respiro è una risorsa sempre presente, alla quale possiamo attingere in ogni momento per trarre calma ed energia. Regolando il respiro, si può controllare l’esperienza ansiosa senza esserne sopraffatti e ritornando ad uno stato di calma.
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Esistono infatti numerose tecniche di respirazione che aiutano a concentrare la nostra attenzione sul respiro, riducendo i pensieri negativi.
A seconda del modo in cui ci si concentra sulla respirazione, si possono cogliere sensazioni più o meno sottili.
- Concentrarsi sulle sensazioni percepibili nel nostro naso, quando inspiriamo (l’aria entra nel naso) e quando espiriamo (l’aria esce dal naso). A volte concentrarsi sul respiro in questo modo è più difficile, soprattutto se la mente è molto occupata dai pensieri, perché le sensazioni sono più tenui.
- Se la mente è molto agitata è quindi possibile concentrarsi sulle sensazioni provenienti dell’addome che si alza e si abbassa. Possiamo anche ripetere dentro di noi “sale” quando l’addome si solleva e “scende” quando si abbassa; oppure ripetere “dentro” quando inspiriamo e l’aria entra nel naso e “fuori” quando espiriamo e buttiamo fuori l’aria. La ripetizione verbale aiuta infatti la mente a rimanere concentrata sulle sensazioni corporee.
- Contare i respiri. Quando la mente è agitata, possiamo contare i nostri respiri. Contando le inspirazioni si ottiene un effetto più energizzante, mentre contando le espirazioni si ottiene un effetto più calmante. Provate a contare i respiri fino a 10 e poi ricominciate, oppure potete contarli fino a 100.
- Giocare con il respiro. Contate ogni respiro cercando di arrivare a 100, ma ripartite da zero ogni volta che la mente si distrae con altri pensieri. È un po’ come giocare a palla e vedere quante volte riuscite a lanciarla e riprenderla senza farla cadere a terra.
Meditazione e camminata
È possibile praticarla in casa, stabilendo un percorso da fare; si può scegliere se indossare le scarpe oppure stare a piedi nudi o con le calze, per fare un’esperienza sensoriale più ricca.
Cerchiamo di vivere questa esperienza con un atteggiamento di curiosità, come se stessimo camminando per la prima volta.
Iniziamo a notare le sensazioni provenienti dai piedi sul suolo e la forza di gravità che attira il nostro corpo verso il basso. Notiamo la sensazione dell’aria che abbiamo intorno, che ci tocca il volto, le mani e le altre parti del corpo esposte. Ascoltiamo i suoni che ci circondano. Prestiamo attenzione al nostro respiro: all’aria che entra nel nostro naso, l’addome che si alza, l’aria che esce dal nostro naso e l’addome che si abbassa. Sentiamo il ritmo del nostro respiro.
A questo punto possiamo iniziare a camminare, scegliendo il ritmo che preferiamo: lento o veloce. Generalmente un passo lento consente una concentrazione migliore. Cominciamo sollevando un piede e notando le sensazioni che avvertiamo nel piede, nella gamba e nel resto del corpo.
Spostiamolo gradualmente in avanti, e poi appoggiamo al suolo davanti a noi, notando tutte le sensazioni prodotte dal movimento e dal contatto con il pavimento.
Ora è il momento di muovere l’altro piede. Quindi, come prima, solleviamolo dal suolo, spostiamolo in avanti e appoggiamolo davanti a noi.
Continuiamo con questi movimenti fino a raggiungere la fine del nostro percorso. A questo punto fermiamoci e prestiamo attenzione ai piedi sul suolo, all’aria, ai suoni e a ciò che ci circonda. Quando ci sentiremo pronti, ci volteremo e riprenderemo a camminare lungo il nostro percorso, in direzione opposta.
Pratichiamo questa camminata per 20 minuti, scegliendo anche di variare il ritmo del nostro passo e notando gli effetti diversi sul nostro corpo e sulle nostre sensazioni.
La meditazione camminata a passo rapido può essere praticata anche nella nostra vita quotidiana, quando percorriamo dei tragitti a piedi per spostarci da un posto all’altro.
Per aiutarci a rimanere concentrati sulle sensazioni del camminare possiamo commentare con le parole i movimenti che compiamo ripetendo dentro di noi “Sollevare”, “Spostare”, “Appoggiare”. In alternativa possiamo contare i nostri passi, fino a 10 o fino a 100.
Quando la mente è molto distratta da altri pensieri o preoccupazioni, un altro modo per aumentare la concentrazione consiste nel coordinare il respiro con i passi, inspirando quando muoviamo un piede ed espirando quando muoviamo l’altro.
Entrare nella paura
Questo è un esercizio per aiutarvi ad accogliere la paura e a stare con essa, anziché evitarla.
Iniziamo a concentrarci sul respiro per qualche minuto e, se vogliamo, chiudiamo gli occhi.
Passiamo ora in rassegna tutto il nostro corpo alla ricerca delle sensazioni di ansia o tensione.
Proviamo a fare crescere la nostra ansia, concentrandoci sull’attivazione fisiologica che percepiamo o pensando a qualche preoccupazione. L’obiettivo è quello di esercitarci a sopportare la nostra ansia, pensando che questa sensazione è sotto il nostro controllo e non durerà per sempre.
Ora impostiamo un timer con una durata di almeno 10 minuti e continuiamo a mantenere attivo il nostro stato di ansia e i nostri pensieri negativi.
A questo punto ci siamo esercitati a sopportare l’ansia, quindi possiamo riportare la nostra attenzione sul respiro e recuperare uno stato di calma.
In questo modo, interrompiamo il meccanismo che mantiene l’ansia, cioè la paura dell’ansia stessa.
I pensieri sono solo pensieri
Questo esercizio serve per lavorare sulla preoccupazione, che è sempre anticipatoria, per renderci conto che solo il momento presente esiste davvero. L’obiettivo non è cercare di modificare o fermare i pensieri, ma smettere di identificarsi con essi e considerarli reali.
Iniziamo a concentrarci sul respiro per qualche minuto, seguendo il ritmo di inspirazione ed espirazione. Ogni volta che la nostra attenzione si sposta dal respiro ai pensieri, riportiamola gentilmente sulla respirazione.
Successivamente, quando compaiono dei pensieri, immaginiamo che siano nuvole che attraversano il cielo, per poi sparire all’orizzonte. Noi siamo il cielo, mentre i pensieri sono le nuvole che lo attraversano transitoriamente. Il cielo resta inalterato.
Di seguito trovate alcuni link a video di YouTube che possono aiutarvi a svolgere esercizi di respirazione e meditazione, molto utili per arginare l’ansia e imparare a controllarla:
L’ansia ai tempi del COVID
In questi ultimi anni in cui siamo stati toccati dalla pandemia, l’ansia ha spesso avuto come oggetto la paura del contagio, delle conseguenze più gravi, ma anche la paura legata alle nuove condizioni sociali, alle restrizioni, all’isolamento: paura di non tornare alla normalità.
Questa situazione ha infatti travolto e stravolto le nostre vite, in modo spesso radicale e drammatico, generando in noi una profonda insicurezza.
Iniziamo a dire che questi pensieri sono legittimi, non c’è niente di sbagliato o di patologico.
È quindi importante imparare ad accettare anche di avere paura, di fronte ad una minaccia. E poi imparare a gestirla, senza farsi dominare da essa.
Cosa fare quando la preoccupazione per i dati della pandemia o la paura del contagio prendono il sopravvento?
Innanzitutto, un buon modo per ridurre ansia e preoccupazione è accettare l’idea che non si può controllare tutto. Nessuno avrebbe potuto prevedere o era preparato ad affrontare una simile situazione, eppure in poco tempo abbiamo imparato a familiarizzare con abitudini nuove integrandole, seppur faticosamente, nella nostra quotidianità. Le mascherine, il gel igienizzante, il distanziamento sociale sono divenuti a poco a poco parte di una “nuova normalità”, con cui conviviamo da ormai due anni. Tutti gli esseri umani sono infatti dotati della capacità di trovare un nuovo adattamento anche in situazioni sfavorevoli, scoprendo in sé stessi risorse che non pensavano di avere. Tale capacità si chiama resilienza. Tutti ne sono dotati e ciascuno può trovare modalità diverse per “rifiorire” e reinventarsi.
Per stare bene è necessario trovare un equilibrio tra vecchie e nuove abitudini, tra ciò che possiamo mantenere e ciò che invece dobbiamo modificare. L’importante è rimanere focalizzati sul momento presente, facendo del nostro meglio per vivere bene la nostra vita adesso, nonostante le condizioni non ottimali.
Anche riporre la nostra fiducia nei medici e nella comunità scientifica, seguendo le loro indicazioni, aiuta a sentirsi più sicuri circa le decisioni da prendere e i comportamenti da seguire. Inoltre questo fa aumentare il senso di appartenenza e di vicinanza, in quanto siamo tutti accomunati dalla stessa incertezza e dagli stessi timori: condividere una stessa esperienza e uno stesso stato d’animo permette di sentirsi meno soli.
E se scopriamo di essere positivi al COVID?
Quando il virus ci colpisce in prima persona o tocca i nostri affetti, tutto questo insieme di sensazioni e vissuti emotivi si amplificano. È come se le paure si concretizzassero e prendessero vita.
Ma anche in questo caso possiamo scegliere di affrontare la situazione con un atteggiamento di disperazione e abbattimento, oppure in modo più speranzoso, cercando di cogliere e di valorizzare ciò che di bello e prezioso c’è nella nostra vita; anche quando le cose non vanno per il meglio.
Non è semplice, ma è possibile fare un vero e proprio allenamento per imparare a guardare la vita da un’altra prospettiva.
Un esercizio che permette di allenare il pensiero positivo è quello di provare a notare le piccole gioie che sperimentiamo nelle nostre giornate. Anche quei piccoli o grandi dettagli della nostra vita quotidiana su cui di solito non ci soffermiamo, ma che ci fanno stare bene e verso cui ci sentiamo grati: una giornata di sole che illumina e scalda la nostra casa, le fusa del nostro gatto, un sorriso ricevuto e ricambiato, una telefonata o un messaggio di vicinanza o supporto da parte di una persona amica… Se rallentiamo e ci soffermiamo sui dettagli che di solito sfuggono alla nostra attenzione, ci rendiamo conto di quante cose preziose arricchiscono la nostra vita.
E in questo senso la pandemia, che ci costringe a rallentare o addirittura a fermarci e a isolarci, favorisce lo spostamento della nostra attenzione su aspetti che di solito si perdono nel vortice della nostra routine frenetica.
Quindi non ci resta che notarli e valorizzarli. Così ci renderemo conto che, accanto alle fatiche, ci sono molti doni che rendono davvero bella la nostra vita.
La notizia di essere risultati positivi al Covid può essere difficile anche da comunicare agli altri. Si possono provare sentimenti di vergogna o senso di colpa, la paura di rimanere bloccati mentre le vite degli altri vanno avanti, la rabbia perché ci si sente vittime di un’ingiustizia (“Io ho sempre rispettato le regole: ho indossato la mascherina, ho evitato i luoghi affollati, mi sono igienizzato le mani… Perché proprio a me?!”).
Tutte queste emozioni devono prima essere accettate e legittimate, e poi lasciate scivolare via per fare posto ad un pensiero più costruttivo. È infatti normale che in una prima fase ci si senta tristi, spaventati o arrabbiati; ma è importante non chiudersi in se stessi e nel senso di solitudine che si può provare.
Avere il coraggio di chiedere e lasciarsi aiutare, concedersi di sentire la vicinanza e il supporto di amici, conoscenti e parenti, è un’esperienza che può aiutare a ri-scoprire ancora più profondamente e autenticamente il valore e l’importanza dei rapporti e delle relazioni. Sperimentare il senso di solidarietà e di cooperazione ci aiuterà a sentirci meno soli perché rinforza il nostro senso di appartenenza.
Come affrontare la pandemia con i bambini?
Come prima cosa, è importante che i bambini siano informati di ciò che sta accadendo intorno a loro e del motivo di alcuni cambiamenti che possono notare sia nella loro routine, che in quella dei genitori, sia nelle regole da seguire.
La spiegazione deve essere adeguata all’età e resa comprensibile. Il fatto di comprendere e di capire, anche se si tratta di una circostanza difficile o spiacevole, rende il bambino più sicuro. Sarebbe per lui molto peggio notare dei comportamenti strani o insoliti senza ricevere alcuna spiegazione ed essere lasciato solo a doverli interpretare.
Inoltre, diversi cambiamenti riguardano anche la loro quotidianità e la loro routine, come ad esempio le regole del distanziamento sociale, di indossare la mascherina, igienizzarsi le mani, da osservare anche a scuola; quindi loro li vivono in prima persona ed è un loro diritto ricevere una spiegazione che permetta loro di capire cosa stia accadendo.
Trovo che una metafora utile ed interessante sia quella di una “battaglia” che tutti insieme stiamo combattendo contro il virus. Questo permette ai bambini di sapere che possiamo fare qualcosa di attivo, che abbiamo delle “armi” e che anche loro possono contribuire a sconfiggere il virus. In questo modo i bambini riusciranno a capire in modo più concreto ciò che sta succedendo e si sentiranno parte attiva di questa lotta, sentiranno che i loro sacrifici sono utili e percepiranno un senso di coesione e solidarietà.
Anche la metafora del gioco può essere adatta. Infatti per i bambini il gioco è un’importante fonte di apprendimento, attraverso cui possono comprendere meglio la realtà. Non significa quindi banalizzare o minimizzare ciò che sta succedendo, ma tradurre la realtà in termini per loro più comprensibili.
Un bell’esempio di questo concetto lo troviamo nel film “La vita è bella”, dove un padre – interpretato da Roberto Benigni – si trova a dover spiegare al figlio le regole del campo di concentramento in cui sono stati deportati (qui trovate il link alla scena del film: link)
Accanto quindi alla sincerità e trasparenza, è necessario anche trasmettere un senso di speranza e di fiducia nel futuro e la convinzione che, se tutti seguono le “regole del gioco”, sicuramente vinceremo.
Ricordiamoci infatti che la serenità dei bambini è spesso molto più influenzata da ciò che osservano e che assorbono dagli adulti di riferimento, piuttosto che dalla situazione in sé. Se i genitori e le persone che il bambino frequenta hanno un atteggiamento catastrofico e di disperazione, il bambino tenderà a preoccuparsi molto di più, sentendosi impotente e sfiduciato verso il futuro. Se invece i suoi punti di riferimento affrontano un momento di difficoltà con un atteggiamento più sicuro e fiducioso, il bambino imparerà ad affrontare la vita con la certezza che anche nei momenti difficili si possa trovare una soluzione.
È possibile che i bambini risultino più nervosi o irascibili di fronte a cambiamenti che riguardano la loro quotidianità, i loro ritmi e le loro abitudini; come potrebbe accadere durante un periodo di quarantena. È opportuno riconoscere, accogliere e legittimare il loro stato d’animo, dicendo loro che è comprensibile che si sentano tristi, arrabbiati o annoiati, ma trasmettendo loro la speranza e la fiducia che tutto questo passerà.
Nel frattempo, pur cercando di mantenere una regolarità nella routine, siate più flessibili e indulgenti nei confronti delle loro richieste, perché si tratta di un periodo per loro particolarmente difficile e quindi potrebbero aver bisogno di più attenzioni o vicinanza. Questo è il momento di puntare sulle attività che loro prediligono, per mitigare e rendere meno pesante questo periodo di rinunce e sacrifici.
Anche gli adolescenti potrebbero risultare più introversi o chiusi rispetto al solito, e magari molto più attaccati al cellulare o ai social. Potrebbe essere l’effetto dell’isolamento e della distanza dal loro gruppo di amici o dai compagni di scuola. Considerate che anche per loro si tratta di un periodo difficile, di incertezza, che si va a sommare alle sfide che già caratterizzano la loro delicata fase evolutiva. Quindi, anche in questo caso, cercate di comprendere e andare incontro ai loro bisogni e alle loro esigenze: potete permettervi di fare qualche concessione in più, sempre mettendo al primo posto il benessere e la sicurezza di vostro/a figlio/a.
Psicologa Psicoterapeuta Sistemico - Relazionale